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Carissimi Giovani,

da alcuni giorni sono passato a Gerusalemme. La casa dove abito  il Salisian Monastery Convent, in via Shmuel Hanagid, nå¡ 26 (P.O. Box 7336 ‰ÛÒ 91072 Jerusalem). La zona circostante  tutta ebrea;  un quartiere molto residenziale e abitato in maggioranza da ebrei ortodossi, molti ebrei americani. Vicinissimi a noi sono lo Sheraton Hotel e il King’s David Hotel. Basta voltare l’angolo della nostra casa per incappare nella King George Straus e nella Grande Sinagoga di Gerusalemme, la pi grande e moderna, con grandissime vetrate e bei lampadari.

Gerusalemme sorge a 800 mt sul livello del mare, conta poco pi di 600 mila abitanti di cui oltre 400 mila ebrei, oltre 160 musulmani e il resto cristiani.

La casa dove sono  una grande costruzione di oltre un secolo fa’. Un’ala della casa  adibita a facoltˆÊ, l’altra ad alloggi per i docenti. La mia stanza, la 205  spaziosa e luminosa, semplice ma funzionale. La finestra affaccia all’interno di un grande cortile di un condominio abitato da ebrei ortodossi, un palazzo elegantissimo costituito in parte da vetrate; basta vedere come sono arredate le stanze a vetrate per rendersi conto che la gente che vi abita  molto agiata. Alcuni sacerdoti mi hanno detto che quelli che sono in fitto pagano anche $ 1.800 al mese, oltre tre milioni di vecchie lire. In questi giorni non mi  mai capitato di veder uscire un uomo ebreo, a qualunque ora del giorno, se non portava la kippah, o qualcosa del tipico abbigliamento dell’ebreo osservante.

Insomma il tenore di vita dei miei vicini  decisamente cambiato. A Pianura gente che si svegliava e cantava a squarciagola le canzoni dei neomelodici dalle tematiche pi variopinte (Assunta se ne andata e Marittiello chiagn’; il piccolo Patrizio  giˆÊ n’ommo e ‰Û÷o pat si diverte e cose del genere); la sera poi bande di ragazzi fuori al bar a far baldoria senza nessun ordine. Qui invece silenziosi ebrei, rispettosi e perbene, che se dovessero sentire baccano dopo le 23.00 non avrebbero ritegno a sporgere denuncia. Voglio provare a vedere se una colonia di questi ebrei viene dalle vostre parti chissˆÊ! Anzi io proporrei un cambio: una colonia di ebrei per una colonia di giovani  chi si prenota?

Ieri sono andato per la prima volta alla cittˆÊ vecchia. Da casa nostra dista        circa 20 minuti a piedi,  una bella passeggiata se non c’ molto sole: lasciata la King George Straus si imbocca la Gershon Agron, si sale attraverso la Shlomo Hamelech e ci si trova ad uno degli angoli delle mura della cittˆÊ vecchia. Essendo sabato era riposo per gli ebrei e difatti in queste zone neppure un negozio aperto.Da noi invece la domenica, il nostro giorno di festa, si vedono negozi aperti a tutte le ore. E’ il giorno del Signore non si pu˜ lavorare! Ho visto lungo la strada diversi ebrei andare alla preghiera nella sinagoga vestiti con le loro camicie bianche, in pantaloni neri, la kippah in testa, altri con lunghe palandrane nere, i filatteri che escono dai pantaloni, e con il velo della preghiera sulle spalle. All’incrocio con Shlomo Hamelech mi ha impressionato osservare un’intera famiglia: davanti il padre con barba lunga, rigorosamente vestito con l’abito della preghiera, dietro i suoi sei figli tutti in nero, molti con buccoletti che scendono dalle orecchie, ed infine la loro mamma in un abito color pesco andavano alla preghiera.

Anzich entrare per la New Gate (Porta Nuova) ho preferito scendere fin gi la Hatzanhanim del Sultano Solimano e trovarmi dinanzi la Porta di Damasco.

Qui il panorama all’intorno  immediatamente cambiato: rumori, via vai di persone, macchine che sfrecciano via, gruppi di persone che parlano ad alta voce, donne col velo intente a scegliere mercanzie, uomini seduti a fumare o bere una bevanda calda insomma stavo entrando nel mondo arabo E’ un po’ come andare a Forcella un giorno della settimana Lungo le scale che ti portano all’ingresso c’ gente che vende di tutto: dagli sciacquoni fosforescenti, ai trapani della Bosch, dalle camicie di ogni colore alle spezie pi impensabili Credo che parecchie delle ragazze in mezzo a voi avrebbero perso un’intera giornata!

Man mano che scendevo avevo come la sensazione di stare per entrare nel ventre della terra, tanto era il brulicare di gente ed il flusso ininterrotto che andava verso il quartiere arabo. In effetti gli arabi la chiamano la ‰ÛÏporta della colonna‰Û per via dei resti di una colonna romana a sostegno di una statua dell’imperatore Adriano. CosˆÂ come la si vede oggi la porta  stata sistemata da Solimano il Magnifico.

Ma sapete la prima cosa che ho fatto dinanzi a tanto spettacolo di vita?  Ho subito messo il portafogli nella tasca davanti! Non si sa mai

CosˆÂ sono entrato nel grande souk arabo: sui tavoli c’era di tutto, spezie a non finire, donne sedute a terra sistemavano foglie non so di quale verdura; impossibili dolci facevano bella mostra lungo il passaggio; carrettieri con carichi immani di mercanzie lungo le stradine acciottolate, commercianti che urlavano attraverso piccoli megafoni Avevo con me uno studente veneto, lo osservavo mentre ci inoltravamo e mi sembrava sempre pi stordito e spaventato Quelli del nord Italia non hanno queste esperienze.

Finalmente, grazie anche a Passam, una di quelle guide per turisti che si avvicinano all’improvviso, ho preso la direzione del Santo Sepolcro e attraverso la settima stazione della Via Dolorosa sono giunto davanti all’ingresso del Santo Sepolcro. Quindi sono salito sul Calvario (un luogo del tutto diverso dall’immaginazione solita) e mi sono fermato in preghiera. LˆÂ si pu˜ toccare la roccia originale dove fu fissata la Croce di Ges. Nel toccarla ho pensato anche ad ognuno di voi perch non vi fermiate dinanzi alle difficoltˆÊ del cammino. Mentre ero inginocchio ho pregato: ‰ÛÏO roccia santa nella quale fu conficcata la croce del Redentore fa’ che io non mi stanchi mai di appoggiarmi a te in ogni circostanza della vita. Aiuta tutti quelli che soffrono nel corpo e nello spirito; sostieni i giovani perch trovino in Cristo il loro unico fondamento‰Û.

Scendendo la scala del Calvario sono entrato nel Sepolcro e anche lˆÂ, inginocchiato ho pregato per me e per voi affinch cresca la fede nella resurrezione.

Spero vivamente che alcuni di voi avranno la possibilitˆÊ di venire in questi luoghi prima o poi, perch al di lˆÊ della diversitˆÊ da come ce li si immagina, si pu˜ parlare direttamente con le pietre che hanno visto il corpo di Ges trafitto, ucciso e poi risorto. Poco dopo ho visitato il Cenacolo, dove Ges ha fatto l’ultima cena ma non ho potuto fermarmi molto, tanto ci ritorner˜.

Nel pomeriggio in camera ho aperto il vangelo ed ho letto: ‰ÛÏLo misero in una tomba e rotolarono sopra una grande pietra‰Û. Quindi ho pregato: grazie Signore perch la Resurrezione  il dono pi grande che potevi farci. Aiutami ad esserti fedele!

Cari giovani, ecco il dono pi bello che Ges ci ha fatto:  rimasto fedele a noi fino alla fine. Non lo dimentichiamo e quando si  un po’ tristi fermiamoci dinanzi al tabernacolo:  la roccia in cui  pi vivo che mai il nostro Signore in ogni angolo della terra. Restiamogli fedele.  

Stamane ho celebrato la mia prima Santa Messa di domenica. Ero nella cappellina della casa; avevo un solo fedele: uno studente vietnamita che rispondeva a stento. Vedevo quei banchi vuoti ma allo stesso tempo pieni dei vostri volti e di quelli che mi vogliono bene e che mi stanno accompagnando in questa esperienza. Poi lo sguardo per un attimo si  posato sul croficisso che sta sull’altare ed il mio cuore si  riempito di consolazione: Signore tu ci sei! SˆÂ, tu sei qui, grazie! Quindi la parola del vangelo  venuta a darmi la giusta indicazione: ‰ÛÏChi  fedele nel poco,  fedele anche nel molto‰Û: pochezza e fedeltˆÊ sono le coordinate di chi vuole seguirti sul serio o Signore!

‰ÛÏPochezza‰Û vuol dire essere sempre consapevoli che dobbiamo rendere conto a Dio, che siamo servi inutili, che non possiamo vantarci da noi stessi, che le nostre qualitˆÊ debbono essere messe al servizio dei fratelli cosˆÂ da aiutarli a incontrare Ges, che rinchiudersi nel proprio egoismo  la sola causa di infelicitˆÊ.

‰ÛÏFedeltˆÊ‰Û vuol dire tenere lo sguardo fisso sul crocifisso; capire che la prova della fedeltˆÊ consiste nell’attraversare le difficoltˆÊ senza perdere di vista la persona che si ama.

Coraggio!
Vi voglio bene      
Don Vittorio

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